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VOCI D'ALTRI TEMPI
Postato il: 16-12-2008 @ 09:38 pm -- letto 2455 volte

Quanto è più bella e piena di poesia la festa di Natale! Quante memorie desta, in ogni cuore, il ritorno di quella antica e sempre nuova festa del mondo! E, se le altre si celebrano all'aria aperta, in campagna, fra numerose ed allegre brigate, questa è la festa delle famiglie per eccellenza, è la festa che riunisce ad una sola tavola le teste stanche e canute del passato e le bionde e vivaci testine dell'avvenire! È una festa, la più cara, a chi è circondato dalla propria famiglia, in una calda atmosfera di affetto e di gioia, e rende vieppiù mesto chi vive solo senz'amore e senza famiglia! Gli altri giorni la solitudine non si sente, ma a Natale un'ondata di ricordi riempie il cuore di malinconia e fa sentire più vivo il bisogno d'amare e d'essere amato!
Questa festa a Napoli, altre volte, durava un mese, principiando l'8 Dicembre ed estendendosi fino all'Epifania. Era un mese consacrato a mangiare, a bere, a far dolci, a comprarne; le vie offrivano lo spettacolo d'un vasto mercato di quanto si contiene ne' regni vegetale ed animale. Le dispense si riempivano d'ogni sorta di ben di Dio, i regali fra parenti ed amici tenevano occupati a trasportarli facchini e servitù.
V'era un tempo in cui tutte le famiglie napoletane facevano in una parte della casa il Presepe con pastori di creta dipinti, di stucco o di legno vestiti, e, talvolta, ognuno di questi era un pregevole lavoro d'arte. E non solo le famiglie particolari, ma anche le chiese accomodavano un altare che rappresentava la scena di Betlemme co' pastori che vanno a recare le offerte alla grotta ove giace il Bambino. Il tugurio, le montagne vicine, le capanne de' pastori, tutto era fatto in miniatura con pezzi di sughero acconciamente disposti. Financo la neve che copre la morta campagna, era rappresentata da fiocchi di bambagia. E fra le chiese nasceva una gara a chi avrebbe avuto il più bel presepe e si giungeva a vederne davvero bellissimi, financo alcuni co' pastori grandi al vero e movibili. Ora quest'uso è quasi svanito, ma era bello e poetico, specialmente nelle case dei privati, ove ciò porgeva l'occasione di passare vari giorni occupati a tutto disporre, ed alla famiglia di riunirsi per ivi far la Novena al suono delle zampogne e delle cennamelle. Ogni anno, infatti, in occasione del Natale, vengono in Napoli gli Sampognari o Zampognari, come direbbe la "Crusca". Di questi sonatori vi ha tre specie: i veraci che sono gli sampognari con uno o due sonatori di ciannamelle, i «pappagalli» che è una sampogna sola che fa il basso e le ciannamelle unite, e i sonatori di arpa e violino che diconsi, dal paese loro, Vigianesi. È una festa, un subbuglio, una rivoluzione nel palazzo, il primo acutissimo trilletto della ciannamella. Tutti vanno loro incontro ed essi s' inchinano alla loro maniera e fanno la sonata del saluto e propriamente della «caparra», e poi la novena della Madonna, e poi quella del S. Natale. Ci fu un tempo in cui si volle proibire loro di venire, adducendo che l'altezza de' tempi, non permetteva più alle orecchie, avvezze alla musica dell'avvenire, di poter ascoltare quella semplice e monotona musica del passato! Napoli fu indignata e l'eco della sua indignazione si fece sentire per mezzo dei più reputati giornali della città e gli Zampognari furono difesi dalle penne più esperte che scrissero, in loro favore, articoli pieni di sentimento e di poesia. Fu un triste Natale quello che passò senza gli Zampognari, senza il flebile e dolce suono de' loro primitivi istrumenti, quel suono che contiene tutto un poema per chi ha cuore gentile ed anima d'artista. Gli zampognari tornarono umili e sommessi, e furono accolti come a Napoli si sanno accogliere gli amici dell'infanzia.Poverini, dopo di aver lavorato tutto l'anno ne' campi e nelle terre de' ricchi, all'avvicinarsi della rigida stagione, lasciavano le loro famiglie, accompagnati, talvolta, da qualche figliuolino, e viaggiavano per lunghe notti e lunghi giorni, quasi sempre a piedi per monti e vie scabrose, appena coverti di rozze e vecchie lane, e giungevano a Napoli per lucrare un po' di moneta quanto bastasse a render loro meno doloroso l'inverno! Si contentavano di quel che si dava loro, e tornavano lieti a' poveri casolari se, alle poche lire che avevano lucrato, potevano aggiungere qualche involto di dolci per le mogli e i figliuoli lontani. Che siano sempre i benvenuti fra noi gli onesti, buoni e cari Vigianesi!
Quel che è davvero un avanzo di barbarie, sono le «botte» che, per devozione, si sparano ogni anno durante le feste di Natale, nonostante i continui divieti delle autorità e i deplorevoli effetti che ne sono la conseguenza. Non c'è anno in cui l'Ospedale de' Pellegrini non accolga un numero infinito di feriti a causa delle «botte». Ci auguriamo di cuore di vedere spento quest'uso selvaggio, che non ha alcun significato né civile né religioso.©Bettyboop ringrazia V.Torelli e F.Zampini per le pagine ottocentesche attraverso le quali ha avuto la possibilità di addentrarsi in un passato che va oltre l'esaltazione dell'immagine.
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Ultimo aggiornamento il 04-07-2011 @ 06:04 am



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