Il 4 e il 6 novembre 2011, al Teatro Ponchielli di Cremona, un omaggio a Nino Rota, nel centenario della nascita, con "Il cappello di paglia di Firenze", in scena, venerdi 4, alle 20.30 e domenica 6 novembre, in replica, alle 15.30. Il maestro Giovanni Di Stefano dirige una compagnia "giovane" con un cast che vede alcuni cantanti usciti dall'ultimo concorso As.Li.Co. La regia è di Elena Barbalich. L'opera verrà eseguita, poi, il 9 e 10 dicembre 2011 al Teatro Fraschini di Pavia e il 14 e 15 gennaio 2012 al Teatro Sociale di Rovigo. Nino Rota scrisse "Il cappello di paglia di Firenze", farsa musicale in quattro atti, sua e di Ernesta Rinaldi, tratta dalla commedia "Le châpeau de paille d'Italie" di Eugène Labiche e Marc Michel, tra il 1944 e il 1945 e la prima, trionfale rappresentazione, avvenne al Teatro Massimo di Palermo nel 1955, dove ottenne un enorme successo. Quest'opera rappresenta al meglio la "semplicità" del teatro di Rota, sinonimo di schiettezza e non di banalità. Nel suo lavoro si ritrovano, accanto al fascino del café chantant, elementi della commedia musicale ottocentesca, ripresi e riproposti con grazia ed eleganza. Ne "Il cappello di paglia di Firenze", Rota ha proiettato, nella struttura del vaudeville, echi veristi e del melodramma verdiano effettuando, contemporaneamente, una geniale sintesi musicale delle colonne sonore che già aveva creato per il cinema. Egli deve, infatti, la sua fama soprattutto alle musiche scritte per il grande schermo. Ha firmato le colonne sonore di tantissimi film, collaborando con Castellani, Soldati, Lattuada, Camerini, Comencini, Steno, Monicelli, Visconti, Zeffirelli, Ford Coppola, ma, al vertice della sua parabola artistica, sta, sicuramente, l'incontro con Federico Fellini con il quale, dopo la collaborazione nel 1952 per "Lo sceicco bianco", nacque un'intesa così profonda che, il regista descriveva il soggetto del suo film, ed il compositore si sedeva al pianoforte e metteva in musica quello che aveva recepito, in uno stato quasi estatico da cui non doveva esser distolto. Terminato di suonare, però, non ricordava i motivi che aveva ideato, per cui Fellini era costretto a mettere dei registratori, senza che se ne accorgesse, per non rompere quei momenti magici di ispirazione che hanno creato il sottofondo di tanti film che sono, di diritto, entrati nella storia dello spettacolo.