Descrizione:
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Domenica 27 Maggio 2012, a Gorreto, si svolgerà la 5ª edizione della "Sagra della Pasta e fagioli". Dalle 12.30 inizia la degustazione di un menu che prevede: pasta e fagioli a volontà, formaggio Montébore con le pere, dolci fatti in casa, acqua e, in omaggio, una ciotola di terracotta di Albisola. Se della pasta e fagioli si sa un po' tutto, del Montébore non se ne parla molto ed inserirlo in una Sagra è un buon sistema per far apprezzare questo formaggio che ha origini antichissime, se, già nel 1489, alle nozze fra Isabella d'Aragona e Gian Galeazzo Sforza, Leonardo da Vinci, in veste di cerimoniere, da attento gastronomo, lo propose come unico formaggio. La prima produzione, però, sembra molto più antica e si fa risalire al IX- XI secolo, all'arte casearia dei monaci dell'Abbazia benedettina di Santa Maria di Vendersi, sul Giarolo, il monte attorno al quale si sviluppano le tre Valli: Grue, Curone e Borbera. Costituito per il 75% di latte bovino (proveniente dalle mucche Brune Alpine, Tortonesi, Genovesi e Cabannina) e il 30% di latte ovino, dopo la seconda guerra mondiale e lo spopolamento delle valli, non venne più prodotto fino al 1999, quando Maurizio Fava, del locale Presidio Slow Food, rintracciò Carolina Bracco, ultima depositaria della tecnica casearia tradizionale, e recuperò il Montébore, presentandolo al salone "Cheese", nella sua totale produzione mondiale di 7 forme, ed ottenendo l'attenzione della stampa dei cinque continenti come formaggio che non concedeva nulla al modernismo ed alla fretta. Viene, infatti, prodotto con latte crudo, scaldato ad una temperatura di 36°, al quale viene aggiunto caglio naturale. La rottura della cagliata avviene dopo un'ora dal rapprendimento: si ottengono grumi grossi come noci che vengono lasciati riposare per 30 minuti. Viene, quindi, eseguita una seconda rottura, ottenendo dei grumi della dimensione di una nocciola. La pasta viene poi messa a scolare nei "ferslin", le tipiche formelle a forma di cilindro, di diametro decrescente. Nel corso della mezz'ora seguente il formaggio viene girato quattro o cinque volte, dopo di che si procede alla salatura manuale, con sale marino, delle forme che vengono messe a riposare in luogo fresco e asciutto per circa 10 ore. Infine, le formelle, la cui forma caratteristica ricorda, forse, il castello diroccato di Montébore, vengono sovrapposte nella caratteristica forma a tronco di cono, il cosiddetto "castellino". Fresco, cioè a 20 giorni, il Montébore può essere consumato dagli amanti dei formaggi complessi ma delicati, per il sapore dolce e la consistenza morbida e pastosa. Dopo 45-60 giorni, si considera di media stagionatura, dopo 4-5 mesi viene definito molto stagionato perché ha una consistenza maggiore mentre, dopo una stagionatura di 6 mesi, diventa piccante e ideale da grattugiare. Fresco o morbido, ben si sposa al locale miele di castagno ed alla melata, alle marmellate di arancia, alla "cugnà", la tipica marmellata piemontese a base di mosto d'uva, e, non sfigurando con le noci, i fichi, le ciliegie in agrodolce e l'uva rosata, lo si può considerare un formaggio per tutte le stagioni. Quando è stagionato, il Montébore è ottimo per le paste ripiene, gli gnocchi e il riso non temendo accostamenti azzardati con pere caramellate piccanti di zenzero o peperoncino, con la "sbrisolona" salata di fave e mandorle o con il "capunet", il tipico involtino della zona a base di carne di maiale e verza, di cui diventa la salsa, e conferisce un gusto robusto a sformati di zucca, di carciofi, di zucchine e di cardi.
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