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A Fabriano, un omaggio agli "artisti anonimi"

Data Evento:sabato, 26 luglio 2014Annuncio
Data Finale:domenica, 18 gennaio 2015
Categoria:Nazionale   Nazionale
Descrizione:



Dal 26 luglio 2014 al 18 gennaio 2015, la mostra "Da Giotto a Gentile: pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento" sarà ospitata tra la Pinacoteca Civica Bruno Molajoli e le chiese del circuito urbano di Sant'Agostino, di San Domenico, e la Cattedrale di San Venanzio (con un'appendice a Esanatoglia). In esposizione oltre 100 opere di geniali anonimi marchigiani tra dipinti, pale d'altare, tavole, affreschi staccati, sculture, oreficerie rarissime, miniature, manoscritti e codici. Opere delicate e preziose, concesse in prestito dai più prestigiosi musei italiani e stranieri che documentano le radici cristiane della civiltà occidentale, tra San Benedetto da Norcia e San Francesco d'Assisi, e le forme giottesche che le divulgarono. Dal 7 novembre, saranno esposte in mostra tre nuove opere di Gentile da Fabriano: Madonna con il bambino, tempera su tavola dalla Pinacoteca Nazionale di Ferrara cm 48x58; Santo Apostolo, tempera su tavola dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna cm 23.4×8.29; Santo Apostolo con libro, dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna cm 23.4×8.29. È una mostra con il pregio di essere un'esperienza di ricerca che rivela la nascita della scuola fabrianese e che mette in evidenza gli anonimi come il Maestro di Campodonico. Lo scopo, infatti, è avvalorare, attraverso una prospettiva critica, il fatto che, da Giotto, oltre a una scuola umbra e riminese, sia uscita una significativa scuola marchigiana, ed in particolare fabrianese, dai confini ben definiti e fino ad oggi misconosciuta perchè ascrivibile a pittori anonimi come il Maestro di Campodonico, il Maestro di Sant'Emiliano, e il Maestro dei Magi per le sculture lignee. La mostra ha un raffinato impatto suggestivo, ulteriormente sottolineato dagli itinerari lungo il percorso urbano e nel territorio circostante tra antiche abbazie, eremi, pievi e monasteri sparsi nelle vallate appenniniche tra Marche ed Umbria, luoghi un tempo frequentati proprio da quelle maestranze che diffondevano il nuovo idioma giottesco. In una delle stanze della mostra, a cui hanno collaborato Giampiero Donnini e Stefano Papetti, con il coordinamento di Liana Lippi, un affresco staccato di Giotto, raffigurante la testa di un pastore, con altri due tondi dell'artista, conduce il visitatore a quattro capolavori del Maestro di Campodonico, tra cui L'Annunciazione e La Crocifissione, affreschi staccati provenienti dalla Galleria nazionale delle Marche di Urbino, e al San Giovanni Battista e Santa Caterina D'Alessandria, restaurata per l'occasione, da cui emerge un'espressività, definita da Papetti, quasi caricaturale. Per far entrare la Crocifissione dentro la sala è stato necessario abbattere una parete e, poi, ricostruirla. A definire le diverse connotazioni tra la scuola riminese e quella assisiate, anche l'Incoronazione della Vergine di Giuliano da Rimini improntata ad un ricco decorativismo come le Madonne dell'Umiltà di Francescuccio di Cecco Ghissi, fino a quelle di Gentile da Fabriano: Madonna col Bambino e Angeli Musicanti, Stimmate di San Francesco, Madonna dell'Umiltà e Crocifissione datate tra il 1411 e il 1422. Presenti in mostra anche il San Francesco di Cimabue e il Crocifisso sagomato e la Madonna con il bambino di Pietro Lorenzetti, accanto ad opere di Allegretto Nuzi e ai seguaci delle due scuole. Ripercorrendo il contesto culturale nel quale si inserisce la mostra, possiamo dire che, una volta consolidato il potere longobardo su Fabriano, l'egemonia culturale dell'Umbria vide la sua affermazione nel corso del Trecento, sia dal punto di vista artistico che sotto il profilo dei valori spirituali. La vicinanza con Assisi ed i ripetuti soggiorni di San Francesco contribuirono ad animare una vivace realtà di fede che si avvalse della pittura come di un efficace strumento propagandistico ed educativo. Sul finire del XIII secolo, quando sui ponteggi della Basilica Superiore si affermava un nuovo linguaggio pittorico compiutamente occidentale, l'influsso giottesco si propagava, anche attraverso i valichi appenninici, fino a Fabriano. Maestri anonimi, assai esperti nella pratica dell'affresco, lasciarono tracce del loro operato nelle più importanti chiese degli Ordini Mendicanti, ma anche nelle sperdute pievi sorte sui monti vicini alla città della carta. Da Campodonico traeva il suo nome un oscuro maestro, capace di coniugare la spazialità giottesca con una carica umana profonda e modernissima. I suoi affreschi, strappati dalle pareti dell'antica pieve, ci appaiono oggi come una testimonianza della vivacità delle relazioni artistiche che si erano intrecciate fra Marche ed Umbria grazie alla rete viaria che univa le aree appenniniche, strade percorse da pastori, mercanti, santi ed artisti, consapevoli di essere parte di una stessa civiltà. Un'ampia sezione della mostra è dedicata anche ai raffinati dipinti su tavola realizzati da Allegretto Nuzi dopo il suo rientro dalla Toscana in occasione della peste del 1348: tavole e polittici caratterizzati da figure ispirate ai modelli fiorentini e senesi, rielaborati in chiave cortese, come testimoniano le varie redazioni della "Madonna dell'Umiltà". È questo un soggetto frequentemente trattato sia dal Nuzi che dal suo allievo fabrianese Francescuccio di Cecco Ghissi, la cui produzione appare improntata ad una spiccata sontuosità decorativa che soddisfa le esigenze della committenza di provincia. Alla cifra stilistica del caposcuola Allegretto si collega anche la produzione di sculture in legno intagliato e dipinto, a grandezza naturale, destinate all'allestimento di presepi scenografici, attribuite ad un anonimo Maestro dei Magi. Gli esemplari conservati a Fabriano e quelli del Museo di Palazzo di Venezia a Roma compongono un nucleo omogeneo riferibile a questo artista attivo a Fabriano e ben noto anche oltre i confini cittadini, la cui misteriosa identità si cercherà di svelare. L'obiettivo di un'operazione culturale di tale portata, infatti, è quello di ritessere la trama di questo complesso periodo, ricco di testimonianze affascinanti, ma note solo o soprattutto agli studiosi e agli appassionati d'arte, al fine di permettere, pur con un approccio di approfondimento, un'ampia divulgazione rivolta ad un "pubblico" più vasto ed eterogeneo. Per gli studiosi e gli addetti ai lavori, i confronti che saranno possibili in mostra fra Giotto, Pietro Lorenzetti, Bernardo Daddi e gli affreschi e le tavole dipinte dagli artisti locali, offriranno lo spunto per dare inizio ad una nuova e più articolata visione delle vicende della pittura italiana del XIV secolo. Un'operazione culturalmente articolata che vede la pubblicazione di uno studio, con saggi e schede sulle opere e sugli artisti presenti in mostra e che ha la duplice funzione di catalogo dell'esposizione e di approfondimento critico di interessanti questioni riguardanti la pittura e la scultura fra Marche e Umbria nel Due e Trecento, intorno alle quali la ricerca resta ancora aperta. La mostra si chiude con alcuni capolavori di Gentile, come la Crocefissione del polittico proveniente da Valleromita di Fabriano, ora nella Pinacoteca di Brera, o la raffinata Madonna dell'umiltà del Museo nazionale di San Matteo di Pisa: lo stile elegante e forbito esibito dal caposcuola del Gotico Internazionale rivela la consuetudine giovanile con i pregiati ed eleganti apparati presenti nella città di origine.

L'orario della mostra è:
Dal martedì al venerdì: 10.00 – 21.00
Sabato e Domenica: 10.00 – 23.00
Lunedì mattina: chiuso


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