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UN «AMARCORD» IN PREVISIONE DELL'INVERNO
Postato il: 08-10-2008 @ 01:55 am -- letto 2651 volte

Qualcuno di voi ha provato l'elettrizzante esperienza di aiutare la mamma o la nonna a fare la salsa o i pelati in casa per conservare e tenere da parte un vasetto di colore, una bottiglia di sole, una cucchiaiata di odore d'estate da riaprire in inverno? Da bambina, ogni anno speravo fosse quello buono per smettere di fare i boccacci di pelati e le bottiglie di salsa.
Invece no, puntualmente, all' inizio di luglio o giù di lì si tornava a casa un bel giorno e si trovavono stipate sul balcone quelle 8-10 casse di pomodori (un quintale e mezzo o due quintali) che aspettavano solo di essere lavorati.
A noi bambini, una volta rovesciato il contenuto delle cassette sul pavimento del balcone, il compito di separare i pomodori integri da quelli abbozzati mentre, contemporaneamente, si dovevano rimuovere "l zipper". Una volta eseguita questa operazione sotto il sole cocente di luglio, si passava al lavaggio e, a seconda della qualità e delle specie, alla sbollentatura di quelli destinati a diventare pelati per poi assicurarli nei famosi boccacci precedentemente sterilizzati, mentre altro procedimento seguivano i pomodori destinati a diventare salsa. Sempre a noi bambini spettavano la prima e la seconda spremitura con quella macchinetta a manovella che permetteva la trasformazione dei pomodori in un semilavorato che poi le sapienti mani di mamma e nonna, dopo lavorazioni varie, trasformavano in quella salsa che andava a rappresentare la conserva per tutto l'anno. Infine, ancora a noi toccava il divertente lavoro dell'applicazione dei tappi, una volta che "i grandi" avevano eseguito l'imbottigliamento in vetro di bottiglie di birra dal tipico colore marrone che meglio si prestava alla conservazione della salsa.
Ora l'usanza estiva di fare la salsa si va perdendo, complici le "offerte" convenienti di pelati e passate nei supermercati e il prezzo troppo alto dei pomodori!! I fedelissimi della salsa "fatt' a casa", però, esistono ancora, e sono tanti. Ecco perché si vedono girare ancora "trerrote" carichi di "cascette" con cartelli su cui è scritto "POMODORI PER BOTTIGLIE".
Qualche nostalgica ancora si cimenta nella preparazione de " A' CUNSERVE". Potrebbe sembrare la stessa cosa, ma non è così. C'è una differenza sostanziale tra salsa e conserva: La salsa è il succo del pomodoro, che, dopo la spremitura e la bollitura, viene imbottigliato mentre la conserva è il concentrato, e la sua preparazione richiede tecniche e tempi diversi.
Per ottenere "a cunserve" i pomodori ben maturi, si mettevano a cuocere in una "càtara" (caldaia), con abbondante basilico, cipolla tagliata sottile e sale. Quando si «ammaccavano», venivano tolti dal fuoco e passati alla "strattiera", una specie di grattugia sulla quale venivano schiacciati a mano. La salsa ottenuta veniva raccolta in "piatte riale" di creta che si esponevano al sole, sulle terrazze, dove i raggi del sole sono più diretti. Sui piatti si stendeva un velo per proteggere la conserva dall’assalto delle mosche e, intorno ai piatti, si usava mettere un rametto di alàure (alloro) contro gli spiriti maligni. Di sera, i piatti venivano riportati in casa per evitare che l'umidità della notte e la rugiada del mattino distruggessero l'opera del sole che era l'unico responsabile della riuscita della conserva. Si lasciavano al sole per giorni e giorni, rimescolando spesso il contenuto con una "cucchiara" di legno, fino a quando il composto, evaporando, si restringeva diventando denso e di colore rosso scuro tendente al marrone. Si amalgamava con dell'olio d'oliva e si riponeva in capase smaltate con "tampagni" di legno che, prima di essere utilizzati, venivano messi a bagno in acqua per qualche ora così, gonfiandosi, garantivano una chiusura ermetica del recipiente. Le "capase" venivano, poi, bollite a bagnomaria per circa mezz'ora, prima di essere gelosamente custodite per le giornate invernali, quando ne bastavano pochi cucchiai, oculatamente sciolti in acqua calda e conditi con olio e peperoncino, per dare alla pasta il sapore della festa.
E mentre si pensava a "stipare" cibo per le giornate di freddo, tra le bancarelle dei mercati rionali e su alcune spiagge , tra gli ombrelloni e le sdraio , capitava di vedere sotto un ombrellone multicolore, un banchetto con tante bottiglie di vari gusti e colori e pile di bicchieri al cui centro troneggiava, su una lastra di marmo, una stecca di ghiaccio secco. Unico attrezzo del mestiere " 'u piallett'" per tritare il ghiaccio. Eh sì proprio "'u gratta-gratte", il gelato di una volta. Non perché i gelati non ci fossero, ma perché erano cose da ricchi, riservati ai banchetti dei nobili, prelibatezze riservate ai giorni di festa ed alle grandi occasioni. Anche i romani conoscevano i gelati. Plinio descriveva così il dolce estivo dei romani : «farina leggera, vino mielato e neve». Seneca, invece, sottolineava l'uso e l'importanza, nell’antica Roma, delle "neviere" ricavate in immensi sotterranei dove veniva custodita la neve caduta durante l'inverno e ricoperta di paglia per farne uso quando ce ne fosse stato bisogno.
Anche nelle campagne tarantine ogni palazzo e ogni masseria aveva una neviera, di solito alimentate dalla neve della vicina Martina Franca e, proprio sulla scia dei gelati fatti con quella neve, il popolo, usando il ghiaccio secco, inventò 'u gratta-gratte, rinfrescante delizia estiva per troppi anni dimenticata, ma che ora sta riprendendo il suo "posto al sole"!!©Bettyboop ringrazia chi le ha permesso di gustare odori,colori e sapori del Salento.
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Ultimo aggiornamento il 04-07-2011 @ 06:06 am



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Commenti postati
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Commento di: bettyboop
(Postato il 09-10-2008 @ 03:09 am)

Commento: Cara RagGiu, io non ne posso parlare più perché ho sbirciato già molto nelle dispense!!
Se lo desideri, ti passo volentieri "il testimone"... :-D :-D :-D
Un abbraccio
BettyLu

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